domenica 12 ottobre 2008

Un mese in Nicaragua

È un mese che sono in Nicaragua! E sono ancora contenta! ;-)
Scherzi a parte, posso dire che il bilancio del primo mese è più che positivo: Mi sto divertendo –un buon segno! – non mi sono ammalata, e i giorni di magone sono stati sorprendentemente pochi! Insomma, mi trovo bene e ogni giorno ci sono un sacco di nuove cose che mi fanno dire: ne è valsa la pena!
E sono appena all’inizio… già, perché il bello deve ancora venire: domani inizio a lavorare! E finalmente potrò farmi un’idea concreta di ciò che mi aspetta nei prossimi 11 mesi. Durante la riunione di mercoledì scorso, la mia presentazione ufficiale all’istituto, mi hanno detto che mi aspettano… dunque ora sono impaziente di scoprire quali saranno i miei compiti! A dire il vero mi hanno spiegato quali sono le attività legate al progetto, però faccio un po’ fatica a farmene un’idea, per il momento. In ogni caso il lavoro sembra molto variato: attività con i bambini, incontri con i genitori, contatti con le autorità, indagini teoriche, burocrazia… farò sapere!
In ogni caso sono fiduciosa perché sia la direttrice, che la vice, che la mia capa diretta si sono dimostrate molto carine. Del resto come praticamente tutte le persone incontrate fin’ora, tutti pronti ad impegnarsi per far sì che il mio soggiorno qui sia il più piacevole possibile!
Solo cose positive dunque? Beh, chiaramente no! Una cosa che faccio un po’ fatica a “digerire” è il fatto di non avere la libertà di cui sono abituata a godere in Svizzera, dove tutto è così semplicemente sicuro! Controllare sempre dove e come si tengono i soldi, non poter passeggiare sola da una certa ora in poi, non poter mangiare ciò che voglio quando voglio (soprattutto la frutta delle bancarelle per strada: così invitante!). Ma penso che sia una questione di abitudine. L’altra cosa che faccio fatica a “digerire”, alla quale penso non sia ben più difficile (e soprattutto sbagliato!) abituarsi, sono le ingiustizie, molto più lampanti che da noi. Prima di tutto i bambini che chiedono l’elemosina e che lavorano (a volte così piccoli!), però anche ascoltare racconti di violenza famigliare o di imbrogli politici a volte lascia a bocca aperta…
e anche qui sono solo all’inizio!

venerdì 10 ottobre 2008

Vita di Nelly

Nelly è la mia maestra di spagnolo. Ho deciso di intervistarla e di mettere l’intervista disposizione dei lettori del mio blog, perché la sua vita mi affascina molto e perché credo che sia un esempio molto significativo di com’è la vita della donna, e di tutti i suoi famigliari, in Nicaragua. Nelly ha fatto e lottato molto nella sua vita, e come molte donne della sua età ha partecipato anche alla guerriglia sandinista durante la rivoluzione. Però questa è un’altra storia, un capitolo a parte che necessiterebbe di un’intervista a sé… in questa intervista ci siamo concentrate sui fatti e sulle situazioni che hanno segnato la sua vita come moglie e madre di sette figlie, lasciando a parte la politica.


Lore: Potrebbe descrivere la situazione attuale della sua famiglia?

Nelly: In casa mia vivono 4 delle mie 7 figlie. 3 di loro hanno già figli. Lavoriamo tutte, una in un negozietto, una vendendo carte telefoniche e ricariche del cellulare, un’altra lavora in una fabbrica di tabacco e la più giovane, che ancora studia all’università, durante le vacanze lavora in un internet café. E io sono maestra al Los Pipitos… quando ci sono studenti! Quando non ci sono studenti… guarda, le donne qui in Nicaragua devono essere multiuso! Io lavoro in bellezza… tengo studenti stranieri in casa mia… aggiusto vestiti… e visto che sono un mezzo pagliaccio a volte mi chiamano per organizzare feste e compleanni… in più in casa faccio gelati e banane al cioccolato, o condimenti su richiesta…

Lore: E a chi vende le banane al cioccolato?

Nelly: Li vende mia figlia, quella che vende anche carte telefoniche e ricariche per il cellulare. Li vendiamo ai bambini che tornano da scuola… alle persone che passano… costano 3 cordoba l’uno (0.15 $), non posso aumentare il prezzo perché i bambini non hanno molti soldi… però vendo circa 50-60 banane al cioccolate al giorno.

Lore: 50 banane al giorno? E chi le fa? Tutte lei?

Nelly: Sì, io, se posso, e se non posso le fanno le mie figlie.

Lore: Ah, però fare 50 banane al cioccolato ogni giorno è un bel lavoro!

Nelly sorride.

Lore: Ora potrebbe raccontarmi dei suoi genitori, della sua infanzia e adolescenza?

Nelly: La mia infanzia è stata molto triste. Ero una ragazzina di strada. Mio padre beveva. Non era irresponsabile, era un buon lavoratore, per questo non perse mai il suo lavoro, però tutto quello che guadagnava lo spendeva bevendo. Mia mamma era una lottatrice per la vita, cercava di guadagnare il più possibile come poteva. Teneva maiali, vendeva la carne, banane, nacatamales (pietanza a base di mais)… e io, la prima di 7 figli, la aiutavo vendendo per strada. Quando avevo circa 9 anni siamo andati in Nicaragua, a render visita ai parenti nicaraguensi…

Lore: Perché, dove viveva?

Nelly: In Messico. Io sono nata in un paesino sulla frontiera messicana.

Lore: Ah in Messico, e chi era messicano?

Nelly: Mia mamma. Mia mamma era messicana. Mio papà era di un paesino vicino alla frontiera con l’Honduras. Studiava da prete. Era un allievo molto bravo! Mio papà sa il latino… l’hanno mandato in Messico in seminario, però ha iniziato a bere. Per questo l’hanno scacciato dal seminario… e lui se n’è andato di paese in paese… finché non ha incontrato mia mamma e si sono sposati. Dunque, eravamo venuti in Nicaragua a render visita ai parenti, e mio padre si era bevuto i soldi per tornate. Per questo ci siamo fermati a lungo… lavorando e proseguendo il viaggio quando avevamo risparmiato abbastanza. Un giorno siamo arrivati a Estelì, e mio papà aveva speso una volta ancora tutti i soldi, per questo siamo rimasti… mia mamma nel frattempo aveva dato alla luce altri due bambini – mentre eravamo in Nicaragua aspettando di poter tornare a casa! Ciò vuol dire che eravamo 6 figli. Mi ricordo il giorno in cui è nata la mia ultima sorella. Qui a Estelì. Mia mamma era incinta, era vicina al termine, e tutt’a un tratto ha cominciato a sentire i dolori, no? Il bambino stava nascendo! Io avevo 14 anni però ero una ragazzina molto innocente… non sapevo che mia mamma… che avrebbe dato alla luce un bambino… per questo ero molto spaventata! Sono andata a cercare aiuto… e quando sono tornata il bambino era già nato… mio papà tornava pure lui a casa in quel momento. Era ubriaco, però si è reso conto di ciò che era successo… sua moglie aveva partorito tutta sola, e io tremavo al suo fianco… e credo che gli è dispiaciuto molto. Perché a partire da quel momento, ha smesso di bere.

Lore: E quindi la situazione è migliorata!

Nelly: Certo che è migliorata! Economicamente, mia mamma poteva viaggiare, andare a trovare la sua famiglia in Messico…

Lore: Credo che sua madre si sentiva molto meglio…

Nelly: Credo di sì, però il suo carattere duro non cambiò… aveva sofferto troppo prima.

Lore: Sì, capisco. Dunque, arriviamo alla sua adolescenza…

Nelly: La mia adolescenza… sono rimasta incinta quando avevo 15 anni… e mi sono sposata. Nel mese di agosto del 1972 ho avuto la mia prima figlia, e nel novembre del 1972 ho ricevuto il diploma di maestra.

Lore: A 15 anni una poteva già essere maestra? Gli allievi non erano molto più giovani di lei!

Nelly: Sì! Alle maestre principianti danno gli allievi di prima. Io avevo fatto tutto molto velocemente, alcune arrivano ad essere maestra a 16, 17 anni.

Lore: Ah.

Nelly: Sono stata assieme al padre delle mie figlie 23 anni. Quando l’ultima figlia aveva 5 anni, ci siamo separati. Lui da tempo andava con altre donne e gli ultimi 2 anni erano stati un inferno perché io lo accusavo (vedevo ciò che faceva!) e lui mentiva. Così gli ho detto di andarsene. La situazione dopo è migliorata, anche se per me è stata molto dura. Però era più stabile. Lui si è messo con un'altra donna… e dopo 5 anni che stava con lei le ha fatto le corna con la figlia di 17 anni! Ora sta ancora con questa ragazza, hanno 2 bambini, però lei gli mette le corna… e io me la rido, perché ora è esattamente nella stessa situazione dove mi sono ritrovata io per colpa sua!

Lore: Certo, è quello che si merita! Però credo che sia stato ancora più difficile per lei, andare avanti sola con 7 figlie…

Nelly: Guarda Lorenza, il dolore più grande… non è la separazione… chiaro, è molto molto difficile, però i dolori più grandi della mia vita sono stati due… quando è morta mia mamma, un anno dopo che il padre delle mie figlie se n’era andato, e quando è morto il figlio di mia figlia. Quando è morta mia mamma, è stato come se Dio mi desse una sberla. Quando mio marito se n’è andato, è stato come se Dio mi desse una sberla, e dopo, quando è morta mia mamma, me ne ha data un’altra dall’altro lato, per farmi reagire. In quel momento mi sono resa conto che non valeva la pena soffrire tanto per un uomo. E sai cosa, Lorenza? Mi sento orgogliosa, orgogliosissima di come ho cresciuto le mie figlie. Tutte hanno studiato all’università, e nessuna è alcolizzata, drogata o senza lavoro… non è una famiglia perfetta, però sono molto orgogliosa. Non ho un lavoro fisso, però ho una casa. In questa casa posso offrire riparo alle mie figlie se ne hanno bisogno. Però non è facile senza lavoro fisso… quando i liberali erano al potere non avevo lavoro perché sono sandinista, e ora non ho lavoro perché sono troppo in là con l’età.

Lore: Capisco. Lei mi ha detto che ci sono molte donne in Nicaragua che sono in una situazione simile, cioè che devono sopravvivere e crescere sole i loro figli perché gli uomini se ne vanno con altre donne. Perché secondo lei succede questo?

Nelly: Le donne a volte sono stupide! Più di tutto la donna del giorno d’oggi crede che è dipendente dall’uomo. È molto importante che la donna capisca che non necessita del sesso opposto… a volte, quando un uomo deve andare in prigione perché ha malmenato sua moglie, lei stessa cerca di aiutarlo ad uscire, perché ha paura di rimanere sola e di non poter crescere i suoi figli senza uomo.

Lore: E gli uomini? Perché tanti uomini si comportano in questo modo?

Nelly: Gli uomini abusano della situazione. Pensano che sono come degli dei, si sentono superiori alle donne, pensano che le donne sono stupide. E quando la donna gli fa vedere che non è così ci sono problemi. Però le donne fanno la loro parte. Non si rispettano loro stesse, e per questo l’uomo approfitta. Non si può fare solo critiche distruttive, bisogna considerare che le donne sono corresponsabili. Le donne devono farsi desiderare!

Lore: E come si potrebbe migliorare la situazione?

Nelly: Tramite la sensibilizzazione di genere. Abbiamo già iniziato in questa direzione, però ci manca ancora molto. Esistono case per le donne, associazioni, le donne sanno che esistono, però molte se ne stanno zitte. Hanno paura, credono che non possono andare avanti da sole, e hanno paura anche del semplice star sola. Certo che è bello, avere un partner, qualcuno con cui ridere, qualcuno con cui vivere, con cui condividere… però veniamo sole al mondo! Quando ero sposata non avevo amici. Ora sono single – da 14 anni! E ho molte amiche e ci divertiamo! È dura, soprattutto quando non c’è lavoro, però se riesci a guadagnare 10 cordoba, con questi 10 cordoba puoi sopravvivere! Guarda, io ho avuto problemi seri di soldi solo una vota. Ho accettato di fare da garante per una persona che aveva bisogno di soldi, per un prestito in banca. Il disgraziato non ha pagato… e così ero io la responsabile… mi hanno dato 72 ore per pagare, se no mi avrebbero tolto la casa. Io non sapevo più cosa fare… e una vicina mi ha dato l’idea di andare negli Stati Uniti a lavorare. A me non piace la gente che se ne va dal proprio paese, però mi trovavo in una situazione molto grave, quindi ho chiesto un prestito e sono andata negli Stati Uniti per guadagnare i soldi necessari. Ho lavorato in un McDonald’s, curando bambini, curando vecchietti, come tuttofare in case private… sono rimasta 2 anni. Poi sono tornata. La mia figlia maggiore aveva curato le altre. E tutto è andato bene: non sono sante, però sono delle brave ragazze.

Lore: Bene, grazie mille per questa intervista, è stato molto gentile da parte sua mettersi a disposizione! Credo che questa testimonianza aiuterà le persone dall’Europa a capire un po’ com’è la vita qui in Nicaragua…

sabato 4 ottobre 2008

Ospedale


No tranquilli! Non mi é successo nulla! Però al mio coinquilino tedesco sì, accipicchia!

Domenica scorsa siamo andati a vedere un mercato gigante (uno dei due più grandi del Nicaragua) in una cittadina che si chiama Masaya (vedi foto!). Samuel, il cooperante tedesco che vive nella mia stessa famiglia, già da una settimana non stava bene. Prima una infiammazione alle ghiandole, per la quale si è beccato subito una buona dose di antibiotici, poi mal di pancia e febbre. Ieri, proprio mentre eravamo al mercato, caldo e pullulante di gente, il dolore si è fatto sempre più forte e si è esteso anche al collo. Non so come abbia potuto sopportare il caos, il lungo stare in piedi e il viaggio (6 ore di bus!)... appena arrivati a casa abbiamo chiesto aiuto ad una dottoressa tedesca che esercita a Estelì. Per fortuna era in casa… però non riusciva a capire cosa fosse… addirittura pensava ad un’appendicite! Quindi l’ha spedito da un altro medico, un chirurgo nicaraguense, che senza replicare ci ha ricevuti malgrado il giorno e l’ora. Nel frattempo Samuel, sdraiato sul lettino, faticava a respirare e dal dolore gli scendevano le lacrime. Nemmeno questo medico però è riuscito a capire di che si trattasse perché il dolore era troppo diffuso. Dato che il ragazzo aveva pure 39 di febbre l’ha mandato all’ospedale, e io dietro come moral support e come traduttrice, dato che il suo spagnolo è ancora molto elementare. Di solito gli stranieri assicurati non vanno all’ospedale statale, ma in cliniche private. Però di domenica sera l’unico modo per poter fare subito gli esami necessari era quello di farsi curare proprio all’ospedale statale. Ospedale che, devo dire, mi ha sorpreso positivamente! Cioè, da un lato entrare in quel posto è stato un mezzo shock (beh, l’unico paragone che potevo fare era con gli ospedali svizzeri)! Il pronto soccorso infatti è un corridoio verdino dove si susseguono degli “stanzini” divisi tra loro solo da separé che a guardarli sembrerebbero del secolo scorso. Ci indicano uno di questi stanzini, dentro ci sono un lettino, una scrivania e due sedie in ferro battuto, tutti ammaccati e macchiati. Ci sediamo ad aspettare. Anche le pareti e il pavimento sono macchiati, alcune macchie sono di colore rosso scuro… Dall’altro lato del corridoio ci sono dei lettini (di alcuni è rimasta solo la gommapiuma), che dovrebbero trovarsi dietro a delle “tende”, che però sono lenzuola appese alla bell’e meglio e in parte strappate. Per questo non coprono abbastanza, così involontariamente si è testimoni a molte vicissitudini. Anche dal corridoio si assiste alle sofferenze e ai lamenti che si incontrano in questo luogo: una ragazza piange e tossisce sdraiata per terra, una mamma cammina avanti e indietro tentando di calmare il suo bimbo, un anziano in carrozzella vaga apparentemente senza meta… il tutto in mezzo ad un viavai di infermiere e di medici. Mi sembrava di essere in un documentario… cosa che del resto ultimamente mi capita spesso! ;-)

Improvvisamente entrano due donne, senza presentarsi chiedono di vedere gli incarti di Samuel e tentano di decifrarli. A quanto pare il medico che ci ha spediti all’ospedale non è un campione di calligrafia (e in questo non si distingue dai “nostri”!), perché le due non riescono a decifrare. Entra un uomo, sembra avere le idee più in chiaro e comincia a fare domande. Le due lo chiamano “doctor” e questo ci tranquillizza un po’. Il doctor non perde molto tempo e spedisce Samuel a fare le analisi. Vi racconto solo quella del sangue perché merita: l’infermiera fa a Samuel un laccio emostatico con un guanto in lattice, poi inserisce l’ago e comincia a prelevare un campione di sangue. Quando ha finito, dovrebbe chiudere l’imboccatura dell’ago (qui cominciamo a sospettare che più tardi comparirà una flebo) ma non sa dove appoggiare la provetta con il sangue, perciò la da a me. Poi ci dice di portare il sangue al laboratorio. E noi via per i corridoi dell’ospedale con in mano la provetta piena di sangue e un foglietto sul quale sono indicati gli esami da fare!

Malgrado tutto però devo dire che sì, l’ospedale mi ha sorpreso positivamente: prima di tutto bisogna dire che in Nicaragua le infrastrutture sanitarie pubbliche sono gratuite. Anche se non corrispondono proprio ai nostri standard però sono funzionali: tutto è andato liscio come l’olio e abbastanza in fretta, e la dottoressa che alla fine si è presa cura di Samuel si è dimostrata molto gentile e comprensiva. È anche vero che dopo un po’ sono arrivati la nostra mamma nica e suo figlio, che se ne intendono un po’ di più di come trattare con i loro medici! Samuel ha dovuto passare la notte in osservazione… ha “dormito” assieme ad altri pazienti nel corridoio (per quanto si possa dormire nel corridoio di un pronto soccorso), con la flebo attaccata ad un chiodo nel muro. Comunque alla fine è andato tutto bene, e dalle analisi è risultato che ha “solo” una grastrite dovuta ai farmaci troppo forti che gli aveva prescritto la dottoressa per l’infiammazione alle ghiandole. Ora grazie ai medicamenti e alla dieta prescrittagli dalla dottoressa tedesca sta già mooolto meglio! :-)