sabato 25 luglio 2009

Canyon di Somoto


Scrivo due righe sulla mia visita a Somoto perché è stata davvero un'avventura!
Domenica 19 luglio era il giorno della Rivoluzione Popolare Sandinista, un giorno effettivamente poco indicato per mettersi in viaggio. Però da tempo mi ero già messa d’acccordo con Celia, la mia collega di lavoro, di andare a conoscere la sua famiglia a Somoto (cittadina a nord di Estelí che si trova a soli 20 km dalla frontiera con l’Honduras). Da brava svizzera organizzata chiamo la stazione dei bus per accertarmi che ci siano mezzi di trasporto malgrado il giorno festivo e mi assicurano che è tutto normale, come qualsiasi altro giorno. E quindi, di buon’ora per approfittare della giornata, eccoci sul bus per Somoto. La famiglia di Celia di accoglie molto calorosamente, ma ci avverte sin dall’inizio che probabilmente dovremo fermarci per la notte. Io chiaramente non mi ero portata dietro nulla, dato che né Celia (che ha vissuto più o meno 30 giornate della Rivoluzione Popolare Sandinista) né l'impiegata della stazione dei bus, mi avevano lasciato sospettare qualcosa. I figli di Celia si sono gentilmente offerti di andare a chiedere informazioni, e tornano confermando le opinioni degli altri famigliari: non ci sono più bus. Sono tutti a riposo o a Managua per il trasporto dei festeggianti (moltissima gente infatti si sposta nella capitale per partecipare ai festeggiamenti). Bene, ci diciamo, tanto vale approfittarne per fare un’escursione al canyon! Somoto è famosa, oltre che per le sue "rosquillas" (un tipo di biscotti, vedi ultime foto), anche per il canyon, che i suoi abitanti piazzano orgogliosamente al secondo posto dopo Gran Canyon californiano. Mentre pranziamo i telefonini vanno all’impazzata tentando di trovare un mezzo di trasporto (cosa già difficile data la giornata all’insegna della festa e del riposo), e soprattutto di un mezzo di trasporto a buon prezzo (cosa quasi impossibile dato che i pochi volenterosi sono ben decisi ad approfittare della penuria di mezzi). Alla fine si trova una soluzione e partiamo in 6 con un taxi, altri 2 ci seguono in moto e rimaniamo d’accordo con tutti gli altri (la famiglia è ben numerosa) che ci raggiungeranno in seguito con il pick-up di un conoscente. Arrivati sul posto, si inizia a camminare.
Il panorama è fantastico (vedi foto!) e l’acqua piacevolmente fresca, peccato che non avessi con me il costume… la passeggiata dura parecchie ore, ci si scambia il posto sull’unico cavallo della comitiva, ci si ferma per una nuotata, e dopo l’ultimo tragitto in barca si arriva al punto dove le caratteristiche del gruppo non permettono di proseguire. E quindi via di nuovo, questa volta sulla strada del ritorno, sperando di incontrare prima o poi il resto della famiglia con il pick-up, dato che la strada è lunga! Invece di loro nemmeno l’ombra, così arriviamo alla Panamericana alle 7 di sera, stanchi morti e con molta molta fame, dato a causa dell’improvvisata non ci eravamo portati dietro niente. Si ricomincia a telefonare per vedere chi possa venire a prenderci (trovandoci a 15 km da Somoto), ma l’impresa si rivela difficile: tutti sono in piena festa e la maggior parte non risponde nemmeno… così ci sediamo sul ciglio della strada ad aspettare… e aspettare… praticamente non passano auto, e quelle che passano nemmeno rallentavano malgrado i nostri cenni!
E così si fanno le 9, quando improvvisamente la visione: un bus!! È uno dei primi di ritorno da Managua. Va nella direzione opposta alla nostra, ma l’autista ci assicura che sarà di ritorno in 10 minuti. Ed in effetti poco dopo eccolo di ritorno, con grande sollievo di tutti!

Jalapa

Il 16 di luglio, con Catriona abbiamo accompagnato Isabel durante un giro di supervisione nei comuni con cui collabora il suo progetto (che si chiama “Agua Las Segovias” e si occupa del miglioramento delle condizioni dell’acqua potabile nelle comunità fuori Estelí – la regione si chiama Las Segovias). Si trattava una di visita ai collaboratori di ogni comunità per chiedere come prosegue il censimento sull’acqua potabile (passano casa a casa intervistando la gente sulle condizioni dell’acqua e sull’uso che ne fa), e per consegnare dei contatori da installare nelle case dato che in molte comunità non sono ancora stati introdotti. I contatori si installano solo in alcune case e a titolo sperimentale, per iniziare a controllare l’uso dell’acqua in vista della loro prossima introduzione per tutti i membri delle comunità.
Il progetto in generale ha lo scopo di garantire a queste comunità che l’acqua potabile arrivi a tutte le abitazioni (in alcune arriva solo per 2 ore alla settimana! In altre invece è molto contaminata), e che i loro abitanti si abituino a farne un uso consapevole.
Grazie a questo giretto ho avuto modo non solo di imparare molto sulla situazione dell’acqua potabile nel Paese, ma anche di conoscere un po’ il nord, dove fin’ora non avevo viaggiato. Siamo state a Jalapa, cittadina famosa per la qualità dei suoi prodotti agricoli, e a Mosonte, specializzato invece nell’artigianato. Un cosa che mi ha colpito molto è il verde intenso che caratterizza il paesaggio della zona e i pini che fiancheggiano le strade (e profumano l’ambiente)!

Giornata di pulizia


Il progetto prevede di appoggiare gli abitanti dei quartieri beneficiati nella pulizia del loro ambiente vitale. Per questo si organizzano regolarmente delle giornate durante le quali tutti sono invitati a contribuire alla pulizia dentro e fuori casa. In questi quartieri il camion dell’immondizia non passa regolarmente, quindi la spazzatura, quando non viene bruciata, rimane per strada. Altri problemi sono legati ai vari ruscelli, che si riempiono facilmente di ogni tipo di rifiuti, e ai patii, che non vengono ripuliti molto regolarmente e assomigliano molto a delle selve. Le immagini ritraggono gli abitanti di uno dei quartieri all’opera!

Bluefields


A fine maggio, dopo l’incontro con cooperanti svizzeri/e e controparti locali, ho passato qualche giorno a Bluefields con Sonia, l’altra cooperante di Inter-Agire su suolo nicaraguense. Siamo state ospitate da Jacques e da Valérie, cooperanti svizzeri francesi di EIRENE (www.eirenesuisse.ch oppure vedi rubrica link) e di GVOM (www.gvom.ch). Bluefields si trova sulla costa atlantica ed è un luogo affascinante per la sua cultura molto diversa rispetto a quella del resto del Nicaragua. Le due Regioni Autonome dell’Atlantico nicaraguense (Sud e Nord) hanno infatti subito poco influsso da parte degli spagnoli (che non sono riusciti ad arrivarvici a causa della loro inaccessibilità), quanto piuttosto da parte di pirati inglesi e schiavi africani. Infatti la mancanza di vie di comunicazione (fiumi a parte), la fitta vegetazione, il clima e le malattie diverse rispetto al resto del Paese, e non da ultimo la belligeranza delle sue popolazioni indigene, hanno fatto sì che la costa atlantica mantenesse un’identità tutta sua. Le due Regioni Autonome sono entrate a far parte del Nicaragua nel 1824 tramite la sottoscrizione di un trattato tra Inghilterra e gli Stati Uniti, per cui non si identificano molto con il resto del Paese e hanno voluto mantenere la loro indipendenza sotto molti aspetti (per esempio, le elezioni non hanno avuto luogo a novembre 2008 ma a gennaio 2009). Ancora oggi il viaggio per arrivarci, per chi non può permettersi l’aereo, è abbastanza impegnativo. Da Managua bisogna prendere un bus per 6 ore e poi una panga (barca a motore) che sfreccia sul fiume per 2 ore, dato che non ci sono strade che collegano Bluefields con il resto del Paese! A dipendenza degli orari e delle coincidenze tra bus e panga, inoltre, capita spesso di doversi fermare a dormire nella cittadina da dove partono le panga. La maggior parte dei passeggeri rimane a dormire sul bus (noi invece, grazie a Jacques e alla sua controparte, abbiamo potuto pernottare nell’ufficio dell'ONG per cui lavorano). Per quanto riguarda la parte nord, il viaggio via terra fino al capoluogo (Puerto Cabezas o Bilwi, nella lingua indigena) dura 24 ore… quando non ci sono imprevisti!
La zona è ricca di giacimenti (d’oro, argento, ecc.) però è stata sempre sfruttata e mai valorizzata, quindi ora si trova in una situazione di grande povertà e molti dei suoi abitanti se ne vanno in cerca di lavoro. Moltissimi giovani si imbarcano sulle navi da crociera, cosa che permette loro di guadagnare relativamente tanto in poco tempo, però purtroppo non aiuta allo sviluppo della regione. Un altro grande problema, soprattutto a Bluefields, è rappresentato dalla posizione strategica per il commercio di droga.
La costa è la parte del Nicaragua dove la presenza delle popolazioni indigene è più forte: ci sono tribù Miskito, Mayangna, Rama e Garífona, alcune delle quali hanno anche mantenuto la loro lingua. Poi ci sono i Criolls, discendenti degli schiavi africani, che parlano una mescolanza tra inglese e spagnolo, e infine ci sono i meticci (nel resto del Paese quasi l’unica etnia rimasta), che i Criolls chiamano “spaniards”!
Proprio durante quella fine settimana erano previste le celebrazioni finali del “Palo de Mayo”, la festa d’inizio della stagione delle piogge che dura un mese intero. Per l’occasione ci sono gruppi di ballerine e ballerini che sfilano per le strade danzando al ritmo della musica tipica della regione. E proprio la mattina della nostra partenza, a celebrazioni terminate, una pioggia torrenziale ha iniziato a battere sulla città…

Incontro svizzero-centroamericano

Tra il 26 e il 28 di maggio, in un centro turistico sulla costa pacifica, si è svolto l’incontro annuale dei/delle cooperanti svizzeri in America centrale e delle loro controparti locali. Erano presenti una cinquantina di persone, di cui circa trenta di nazionalità svizzera, provenienti da San Salvador, Honduras, Nicaragua, Costa Rica e Messico. Durante la prima giornata si è discusso di temi riguardanti la cooperazione e la situazione attuale della regione dove operiamo. Durante la mattinata del secondo giorno alcuni/e cooperanti e le loro controparti hanno presentato i propri progetti, mentre la seconda metà della giornata era dedicata alla presentazione del nostro paese d’origine. Ci sono state presentazioni su temi riguardanti la storia, la politica, e l’attualità svizzera in generale, abbiamo mangiato raclette e cioccolato, ma la cosa più divertente è stato cantare canzoni tradizionali in schwitzerdütch con i centroamericani!

mercoledì 8 luglio 2009

Una giornata di cucina e il nacatamal

Domenica ho invitato alcuni amici per una giornata di comida (cibo!). L’idea era che ognuno portasse una ricetta per insegnarla agli altri, e così abbiamo cucinato sopes messicani e biscotti al cioccolato, gallette scozzesi, fusilli al pollo e c’era pure una torta all’arancia. Ma il piatto forte della giornata era chiaramente la pietanza nica, ossia il nacatamal.

Il cacatamal è una specie di polenta ma contiene anche carne, riso, patate e verdure, e viene cotta in una foglia di banano. Dato che necessita di una preparazione abbastanza laboriosa, di solito lo si mangia nei giorni di festa. La cosa più interessante è che, malgrado non sia esattamente un pasto leggero, qui generalmente rappresenta una colazione, e infatti la mia prima colazione in Nicaragua, il giorno dopo il mio atterraggio, era proprio a base di nacatamal! Mi ricordo ancora di Mila e di Eve chiedendomi un po’ preoccupate se fossi davvero sicura di voler iniziare con un nacatamal, dato che è “un po’ pesante” come colazione… in effetti non sapevo bene a cosa andavo incontro: pensavo che non potesse essere tanto pesante, dato che si trattava di un piatto da prima colazione! Poi non ho più mangiato niente per tutto il giorno, ma è stato uno inizio coi fiocchi! ;-)

Perché possiate farvene un’idea migliore, vi lascio la ricetta à la Amparito (l’addetta a pulizia e cucina all’INPRHU):

Prima parte:

250 g di farina di mais (quantità per 5 nacatamales)
2 pomodori
1 cipolla
1 peperone
Hierba buena e chicoria (sono erbette, non so come si chiamano in italiano)
3 spicchi di aglio
3 patate bollite e schiacciate

Aggiungere abbondante acqua alla farina, liquefare le verdure ed aggiungerle. Poi cuocere finché il tutto non diventa denso, aggiungendo sale, 300 g di burro (la ricetta originale prevede strutto al posto del burro, ma essendo domenica era difficile trovarlo – il ‘che non mi è dispiaciuto!), 1 achiote (è una verdura, chissà come si dice in italiano…) e il succo di 2 arance aspre.

Nel frattempo, marinare la carne (circa 200 g, può essere maiale, pollo o manzo) con achiote, aglio, sale e pepe.

Quando la massa è cotta (consistenza come la polenta), lasciarla raffreddare.

Seconda parte:

1 cipolla
1 peperone
1 pomodoro
1 patata
Un pugno di riso
Un po’ di uva passa

Tagliare le verdure a fette, collocare la massa sulla foglia di banano e sopra posizionarvi un pezzetto di carne, le verdure a fette e da ultimo il riso e l’uva passa.

Impacchettare il tutto seguendo una precisa tecnica (!) e se necessario avvolgerlo in un foglio di alluminio (di solito Amparito fa senza).







Lascarlo bollire 3 ore in acqua (con una foglia di banano posta sul fondo della pentola), ed ecco il nacatamal pronto x la colazione! ;-)