sabato 4 ottobre 2008

Ospedale


No tranquilli! Non mi é successo nulla! Però al mio coinquilino tedesco sì, accipicchia!

Domenica scorsa siamo andati a vedere un mercato gigante (uno dei due più grandi del Nicaragua) in una cittadina che si chiama Masaya (vedi foto!). Samuel, il cooperante tedesco che vive nella mia stessa famiglia, già da una settimana non stava bene. Prima una infiammazione alle ghiandole, per la quale si è beccato subito una buona dose di antibiotici, poi mal di pancia e febbre. Ieri, proprio mentre eravamo al mercato, caldo e pullulante di gente, il dolore si è fatto sempre più forte e si è esteso anche al collo. Non so come abbia potuto sopportare il caos, il lungo stare in piedi e il viaggio (6 ore di bus!)... appena arrivati a casa abbiamo chiesto aiuto ad una dottoressa tedesca che esercita a Estelì. Per fortuna era in casa… però non riusciva a capire cosa fosse… addirittura pensava ad un’appendicite! Quindi l’ha spedito da un altro medico, un chirurgo nicaraguense, che senza replicare ci ha ricevuti malgrado il giorno e l’ora. Nel frattempo Samuel, sdraiato sul lettino, faticava a respirare e dal dolore gli scendevano le lacrime. Nemmeno questo medico però è riuscito a capire di che si trattasse perché il dolore era troppo diffuso. Dato che il ragazzo aveva pure 39 di febbre l’ha mandato all’ospedale, e io dietro come moral support e come traduttrice, dato che il suo spagnolo è ancora molto elementare. Di solito gli stranieri assicurati non vanno all’ospedale statale, ma in cliniche private. Però di domenica sera l’unico modo per poter fare subito gli esami necessari era quello di farsi curare proprio all’ospedale statale. Ospedale che, devo dire, mi ha sorpreso positivamente! Cioè, da un lato entrare in quel posto è stato un mezzo shock (beh, l’unico paragone che potevo fare era con gli ospedali svizzeri)! Il pronto soccorso infatti è un corridoio verdino dove si susseguono degli “stanzini” divisi tra loro solo da separé che a guardarli sembrerebbero del secolo scorso. Ci indicano uno di questi stanzini, dentro ci sono un lettino, una scrivania e due sedie in ferro battuto, tutti ammaccati e macchiati. Ci sediamo ad aspettare. Anche le pareti e il pavimento sono macchiati, alcune macchie sono di colore rosso scuro… Dall’altro lato del corridoio ci sono dei lettini (di alcuni è rimasta solo la gommapiuma), che dovrebbero trovarsi dietro a delle “tende”, che però sono lenzuola appese alla bell’e meglio e in parte strappate. Per questo non coprono abbastanza, così involontariamente si è testimoni a molte vicissitudini. Anche dal corridoio si assiste alle sofferenze e ai lamenti che si incontrano in questo luogo: una ragazza piange e tossisce sdraiata per terra, una mamma cammina avanti e indietro tentando di calmare il suo bimbo, un anziano in carrozzella vaga apparentemente senza meta… il tutto in mezzo ad un viavai di infermiere e di medici. Mi sembrava di essere in un documentario… cosa che del resto ultimamente mi capita spesso! ;-)

Improvvisamente entrano due donne, senza presentarsi chiedono di vedere gli incarti di Samuel e tentano di decifrarli. A quanto pare il medico che ci ha spediti all’ospedale non è un campione di calligrafia (e in questo non si distingue dai “nostri”!), perché le due non riescono a decifrare. Entra un uomo, sembra avere le idee più in chiaro e comincia a fare domande. Le due lo chiamano “doctor” e questo ci tranquillizza un po’. Il doctor non perde molto tempo e spedisce Samuel a fare le analisi. Vi racconto solo quella del sangue perché merita: l’infermiera fa a Samuel un laccio emostatico con un guanto in lattice, poi inserisce l’ago e comincia a prelevare un campione di sangue. Quando ha finito, dovrebbe chiudere l’imboccatura dell’ago (qui cominciamo a sospettare che più tardi comparirà una flebo) ma non sa dove appoggiare la provetta con il sangue, perciò la da a me. Poi ci dice di portare il sangue al laboratorio. E noi via per i corridoi dell’ospedale con in mano la provetta piena di sangue e un foglietto sul quale sono indicati gli esami da fare!

Malgrado tutto però devo dire che sì, l’ospedale mi ha sorpreso positivamente: prima di tutto bisogna dire che in Nicaragua le infrastrutture sanitarie pubbliche sono gratuite. Anche se non corrispondono proprio ai nostri standard però sono funzionali: tutto è andato liscio come l’olio e abbastanza in fretta, e la dottoressa che alla fine si è presa cura di Samuel si è dimostrata molto gentile e comprensiva. È anche vero che dopo un po’ sono arrivati la nostra mamma nica e suo figlio, che se ne intendono un po’ di più di come trattare con i loro medici! Samuel ha dovuto passare la notte in osservazione… ha “dormito” assieme ad altri pazienti nel corridoio (per quanto si possa dormire nel corridoio di un pronto soccorso), con la flebo attaccata ad un chiodo nel muro. Comunque alla fine è andato tutto bene, e dalle analisi è risultato che ha “solo” una grastrite dovuta ai farmaci troppo forti che gli aveva prescritto la dottoressa per l’infiammazione alle ghiandole. Ora grazie ai medicamenti e alla dieta prescrittagli dalla dottoressa tedesca sta già mooolto meglio! :-)

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Tutto è bene, quello che finisce bene!!!

Anonimo ha detto...

oh carissima, questa si che era un' esperienza da scrivere! Vedi però di non farti male tu! ;) da noi della permanence cosa vuoi raccontare? Oltre che devi aspettare ore ore ore ore per vedere un medico e che il tutto non è neppure gratuito accipicchia! ;) ciao ciao bbbba